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OUTDOOR EDUCATION
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CNV E EDUCAZIONE AFFETTIVA

Il linguaggio giraffa come sperimentazione quotidiana

Diamo ampio spazio all'educazione affettiva, intesa come il lavoro sulle competenze relazionali, sociali, intra e inter-personali. Lo facciamo soprattutto attraverso l'esempio, accogliendo le emozioni dei bambini e delle bambine, rivolgendoci a loro in maniera non violenta e, quando ci esce il "lupo" (così chiamiamo, riferendoci agli insegnamenti della CNV di Rosenberg, la comunicazione violenta) perché facciamo fatica a dis-imparare stili educativi disfunzionali che derivano dalle nostre infanzie, chiediamo scusa, spieghiamo, ai bambini e alle bambine, ciò che è successo, diamo un nome alle emozioni, senza nascondere i nostri limiti e le nostre fragilità.

E soprattutto evidenziamo che non è colpa loro, stando attenti a non dire frasi come: "Mi hai fatto arrabbiare", "Scusa se ho urlato ma tu...", che possano insinuare che come ci sentiamo sia colpa o merito degli altri.

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Studiamo insieme a loro i passi per una Comunicazione Non Violenta e ci alleniamo ad utilizzarla.

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Lo facciamo aiutandoli anche ad imparare a stare nei conflitti o, meglio, a so-stare nei litigi: ad esprimere le proprie emozioni senza accusare l'altro, a rivelare e riconoscere i propri bisogni, a trovare accordi che siano creativi e accettabili da entrambe le parti. Li aiutiamo, non lo facciamo al posto loro, non ci sostituiamo. Il conflitto non è evitato, impariamo a litigare bene (per dirlo alla Novara).

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Quando un bambino alza le mani, perché ha un momento di disregolazione emotiva, lo fermiamo e ripetiamo come un mantra: "Il corpo dell'altro va rispettato. La violenza porta ad altra violenza."

E poi ascoltiamo l'emozione che c'è dietro, la accogliamo, forniamo soluzioni alternative per tirarla fuori o conteniamo quando il bambino non riesce e diventa lesiva per gli altri.

Facciamo educazione affettiva attraverso i cerchi di bambini e bambine in cui impariamo a chiederci "come ti senti?", ad esprimerlo, a trovare soluzioni insieme. Lo facciamo lavorando sull'autostima di ognuno, lasciando che ognuno possa celebrare le proprie conquiste e accettare i propri limiti.

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Lo facciamo in sinergia con le famiglie, chiedendoci come adulti quali sono le risposte automatiche che i comportamenti dei bambini richiamano in noi.

Facciamo educazione affettiva e sessuale chiedendo il permesso ai bambini quando tocchiamo i loro corpi, quando dobbiamo pulirli o cambiarli, quando crediamo che un abbraccio possa aiutarli.

Lo facciamo evidenziando che anche un bacio non voluto dall'altro può essere violento come un pugno, lo facciamo parlando di "consenso" senza dover fare attività laboratoriali ad hoc ma continuamente accompagnando le situazioni relazionali che emergono spontaneamente.

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Lo facciamo senza fare alcuna distinzione di genere, lo facciamo senza fare alcuna distinzione tra le emozioni (va bene se ti viene da piangere, va bene se ti viene da ridere, se ti senti arrabbiato, frustrato, eccitato, agitato, ecc ecc. Le emozioni vanno bene! Ed è normale che a 3-4-5-6-7-8-9 anni tu debba ancora imparare ad esprimerle nella maniera consona. Impareremo insieme).

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Lo facciamo prendendoci la responsabilità di dire "no", di limitare quando necessario, di accompagnare i bambini e le bambine all'accettazione del "no".

Facciamo educazione affettiva e sessuale chiamando i genitali con i loro nomi reali, evitando nomignoli per evitare che la sessualità sia vista come un taboo.

 

Ci perdiamo tempo per guadagnarne, lo facciamo con estrema fatica, con difficoltà, con continue riflessioni e dubbi. Siamo profondamente convinti che l'educazione all'affettività e alla sessualità debba iniziare dalla scuola dell'infanzia anzi ben prima perché, in realtà, inizia nelle case, nei nidi, nel modo in cui ci rivolgiamo e ci occupiamo dei bambini e delle bambine, già da neonati.

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